Tropismi
Traduzione: Oreste Del Buono
Postfazione: Arnaud Rykner
«In biologia movimento orientato di un organismo, animale o vegetale, o di una sua parte, determinato dall’azione di uno stimolo esterno (luce, temperatura, umidità, gravità, fattori chimici, ecc.)». Così alla voce Tropismo della Treccani. Se Anthime Armand-Dubois, lo scienziato massone de I sotterranei del Vaticano, pretendeva, «in attesa di affrontare l’uomo, [...] di ridurre a “tropismi” tutta l’attività degli animali che osservava», Sarraute è invece proprio il sottosuolo della vita psichica dell’uomo che si prefigge di sondare e scandagliare, in una sorta di spedizione speleologica alla ricerca di quei moti inafferrabili e indefinibili che a suo dire «sono all’origine dei nostri gesti, delle nostre parole, dei sentimenti che manifestiamo», e il cui gioco «costituisce la trama invisibile di tutti i rapporti umani e la sostanza stessa delle nostre vite». Quella a cui Sarraute ci costringe è, come scrive Arnaud Rykner nella postfazione, «una discesa nelle voragini della nostra psiche», consapevoli che «per raggiungere il luogo del tropismo, bisogna scavare in sé, sotto di sé e lasciarsi, per così dire, cadere nel tropismo». Una letteratura verticale dunque che ci conduce al piano soggiacente (quello che Sarraute chiama sotto-conversazione) la superficie placida della chiacchiera quotidiana (Gerede), dove nulla in apparenza sembra accadere, ma sotto la quale invece pulsa e ribolle, per citare ancora Rykner, «la vita stessa, la vita informe, allo stato puro». Ecco che allora il ricorso alla biologia – bacino semantico cui attinge di frequente nei suoi romanzi – assume per Sarraute una valenza più generale, quella cioè di riportare la parola (logos) nel luogo stesso della vita (bíos).